Tipi di Milano: noi, quelli dell'agorafobia


Fin dai tempi dell'antica Grecia è stato descritto un disturbo che provoca paure irragionevoli in persone che per il resto possono non avere problemi psicologici. Solo verso la fine del 1800 questo tipo di problema ha cominciato a essere conosciuto con il nome di agorafobia, che, tradotto letteralmente, vuol dire paura ("fobia") della piazza del mercato ("agorà"). Con l'avvenire della modernità questo termine ha acquistato il significato più generale di paura dei posti pubblici o degli spazi aperti.
Recenti ricerche portano a concludere che le paure dei posti pubblici o degli spazi aperti non sono che le conseguenze di una paura sottostante, cioè la paura del panico o di avere un attacco d'ansia.
Gli attacchi di panico sono molto comuni. Solo poche persone però hanno attacchi frequenti che compromettono gravemente la qualità della loro vita quotidiana. Quando gli attacchi di panico sono frequenti o quando la persona passa una buona parte del suo tempo in preda alla paura del prossimo attacco di panico, si può dire che soffre del  "disturbo di attacchi di panico".


Centro de Danza Creativa Marìa Fux, Buenos Aires, seminario 2010
Photography  www.angeliandrea.com

Alcune persone colpite da attacchi di panico non cambiano sostanzialmente il loro modo di vivere, altre cominciano ad evitare situazioni particolari per paura di poter avere lì un attacco. Si parla allora di evitamento. L'evitamento è dovuto principalmente a tre ragioni:

  1. La persona evita le situazioni che pensa possano dar luogo a un attacco, ad esempio i negozi dopo aver avuto più attacchi di panico proprio nei negozi; vengono evitate particolarmente le situazioni da cui sia difficile uscire (e quindi a cui non ci si possa sottrarre facilmente nella speranza di interrompere un eventuale attacco di panico) o in cui sia difficile ottenere aiuto;
  2. oppure evita certe situazioni per paura delle conseguenze sociali che potrebbe avere un attacco di panico se si verificasse proprio lì; ad esempio, se ha paura di urinare durante un attacco di panico, può evitare i luoghi dove la gente si può accorgere facilmente di questa perdita di controllo,
  3. oppure evita le situazioni dove avere un attacco di panico potrebbe essere pericoloso, ad esempio smette di guidare la macchina per paura di avere un incidente.
Nella nostra esperienza, quasi tutte le persone che hanno attacchi di panico arrivano prima o poi, per l'uno o l'altro dei motivi suddetti, ad evitare determinate situazioni.
Va notato che non è necessario aver avuto davvero un attacco di panico in una situazione per evitarla, ma basta credere che in quella situazione lo si avrebbe. Non contano quindi solo le esperienze negative reali, ma anche quelle che si vivono nel pensiero e nell'immaginazione.



Le situazioni che più frequentemente vengono evitate sono luoghi affollati, spazi aperti, autobus, treni, spazi ristretti, posti lontani da casa o posti dove è difficile ottenere aiuto.
Va sottolineato che l'agorafobia, qualunque sia la situazione evitata, dipende dalla stessa paura di base, quella di avere un attacco di panico, e quindi può essere fondamentalmente considerata come una fobia o paura degli attacchi di panico, che ha poi come conseguenza l'evitamento delle situazioni o attività che secondo la persona che ne soffre potrebbero provocare gli attacchi o impedire la fuga od ostacolare l'arrivo d'aiuto.
La distinzione tra la paura fondamentale o primaria e le paure derivate o secondarie o situazionali (cioè legate a specifiche situazioni) è molto importante. Chi è affetto da agorafobia deve infatti imparare a controllare la paura primaria, cioè quella degli attacchi di panico. La consapevolezza di riuscire a tenere sotto controllo l'ansia e il panico permette poi di affrontare le situazioni evitate fino ad allora.
La paura primaria dell'agorafobia è spesso descritta come paura di svenire o di cadere per terra, o di avere un infarto, o di impazzire, o, più generalmente, di perdere il controllo di sé.


Agorà - Stoà di Attalo - Photo by  Deve82  www.flickr.com/photos/devedeve/


In genere le persone che soffrono di stati ansiosi ritengono di essere eccezioni. Dopotutto la tendenza della persona che soffre di agorafobia è quella di evitare. Pertanto se la maggior parte degli individui agorafobici evita sarà molto improbabile che si incontrino. Visto anche l'imbarazzo, la comunicazione relativa al disturbo diventa piuttosto complessa. L'isolamento e l'evitamento sono tendenze tipiche di chi soffre di agorafobia.
Evitare di parlarne ed evitare situazione non permette alla persona di sapere quanto il problema sia effettivamente diffuso e soprattutto quanto sia possibile migliorare e risolvere la maggior parte dei sintomi con terapie psicologiche non farmacologiche brevi e mirate.


In questo quadro, come pratica di movimento corporeo in stretta integrazione con un intervento psicologico,  si innesta con successo la danzaterapia metodo Marìa Fux. Abbiamo visto come l'attacco di panico affondi le sue radici nel corpo vivo, come si espanda nella pelle di chi lo evoca nutrendosi dell'immaginario della persona, come    si traduca in sensazioni fisiche ben riconoscibili e che fanno paura, terrorizzano il soggetto. L'arte del movimento quale è la danzaderapia, riaccende il contatto con il corpo, permette di accettare e riconoscere i sintomi di quel disagio, di riaprire il dialogo con il proprio corpo prima, durante e dopo l'attacco di panico costruendo un filo di comunicazione reale con il disturbo vero e proprio, per trasferire i suoi effetti devastanti in una simbologia amica che aiuti a osservarlo senza fuggire per dirgli finalmente:  "Sei parte di me ma non mi fai più paura". Da ultimo, ma non meno importante, acquisisce massimo rilievo la possibilità di apprendere a padroneggiare le dinamiche che si scatenano nella dimensione corpo/spazio, cioè cosa succede quando il corpo si immerge e si proietta nello spazio, spazio grande, spazio piccolo, è questo il vissuto in cui si annida il difetto di comunicazione responsabile del primo, rovinoso e indelebile episodio di attacco di panico. 



Marìa Fux nel suo Studio di Buenos Aires: lavoro sul Limite
Troppo spesso il farmaco ansiolitico (esistono preparati molti diffusi come len, lexotan, xanax, ecc.) viene utilizzato o portato con sè anche quando non ce ne sarebbe bisogno.
I farmaci, nella maggior parte dei casi, non aiutano la cura e non sono necessari; dal punto di vista psicologico si dovrebbero utilizzare soltanto in casi rari in cui ci sia un reale rischio di problemi cardio-vascolari. Nella maggior parte dei casi l'uso del farmaco diviene "patogenetico" ovvero si inserisce nel "loop disfunzionale" che caratterizza il paziente con agorafobia.
Significa che se il farmaco potrebbero ridurre il sintomo poco dopo la sua assunzione, difficilmente la persona riuscirà a fare a meno di essi, ovvero si potrebbe creare una forma secondaria di dipendenza scatenando il circolo vizioso dell'assuefazione e poi della sensibilizzazione (il paziente non può più fare a meno del preparato chimico ed è costretto ad aumentarne il dosaggio per poterne rinnovare la sensazione benefica). In questi casi il farmaco viene visto come una "ancora di salvezza" e sarà portato sempre con sé perché, in fondo, diremo a noi stessi "non si sa mai". Quando ciò avviene ecco che il farmaco non permette alla persona di "risolvere" realmente il problema. L'agorafobia si può combattere solo mettendo in atto meccanismi di crescita personale, di faticosa riabilitazione attraverso la richiesta di aiuto agli specialisti del settore e presa di coscienza del sé e del proprio corpo attraverso la presa di contatto con il Limite e la danzaterapia favorisce questo processo. Mai imboccando la scorciatoia del farmaco o dell'autocommiserazione. 




Valentina Vano danzaterapia
Milano, MI, Italia.
danzaterapia@ymail.com
tel. 339.4805.033

Incontri di danzaterapia in gruppo e individuali, lavoro corporeo per superare ansia, stress e attacchi di panico.
Metodologia applicata: Marìa Fux.
Orientamento: artistico.
Contenuti psicoterapeutici: no.